La sicurezza al tempo del Covid 19

Salute e sicurezza dei lavoratori negli ambienti di lavoro
L’anno 2020 è stato per tutti, cittadini e lavoratori, un anno di difficoltà da molti punti di vista.
Il COVID-19, innanzitutto, visto che la pandemia nel marzo 2020 ha preso di sorpresa stati e popolazioni di tutto il mondo, ha gettato tutti nel panico. La confusione e la disinformazione iniziale hanno generato quello stato di paura che per mesi, e in parte ancora oggi, ha determinato azioni e comportamenti di ognuno di noi.
Ha messo in ginocchio il sistema lavoro e ha impoverito le famiglie.
All’inizio della pandemia le aziende, in molti casi, non sapevano come comportarsi e, nonostante la pubblicazione dei vari decreti che chiedevano la chiusura delle attività non essenziali secondo i codici Ateco nel periodo di lockdown, alcune hanno continuato a lavorare.
La grande difficoltà nell’applicazione delle misure sanitarie nei luoghi di lavoro necessitava di una fermata momentanea della produzione, con la copertura di ammortizzatori sociali e strumenti contrattuali, in modo da consentire di sanificare, mettere in sicurezza e riorganizzare tutti i luoghi di lavoro.
Nelle fabbriche sono dilagati gli scioperi, perché gli operai si sentivano figli di un dio minore, costretti a lavorare senza le tutele riconosciute a tutti gli altri cittadini. In quel periodo abbiamo indetto lo sciopero generale in tutta la provincia di Asti, per far rispettare quel diritto alla salute garantito dall’Art. 32 della Costituzione.
Oggi, a distanza di 10 mesi, le cose sono migliorate, la presenza dei presidi di sicurezza necessari ha fatto sì che la diffusione del virus nelle aziende sia più contenuta, anche se risulta ancora importante. Per questo motivo è necessario tenere alto il livello di attenzione, tenendo conto degli allarmanti dati illustrati in questi giorni dall’INAIL, che indicano 131 mila contagi sul lavoro nel 2020: il 6 % del totale.
Per questo, come fatto nei mesi passati, continueremo ad insistere e pressare governo e associazioni imprenditoriali, affinché vengano garantiti la prevenzione e la tutela del diritto alla salute dei lavoratori, così come i diritti previsti dallo Statuto dei lavoratori.
Infatti, lo stesso all’Art. 5 prevede: «Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente (…) il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico».
Il garante della Privacy ha chiarito che le imprese devono attenersi alle indicazioni del Ministero della Salute e delle istituzioni competenti e non adottare misure discrezionali, come nel caso della possibilità di raccogliere, all’atto della registrazione d’ingresso di visitatori e utenti, informazioni circa la presenza di sintomi da coronavirus e notizie sugli ultimi spostamenti, come misura di prevenzione dal contagio, o di acquisire una «autodichiarazione» da parte dei dipendenti riguardante l’assenza di sintomi influenzali, o informazioni relative alla sfera privata.
Queste misure non sono nelle disponibilità discrezionali delle aziende.
Per quanto riguarda l’attività di sorveglianza sanitaria, nel D.lgs. 81/2008 viene demandata ai medici competenti e non a figure aziendali come preposti o vigilanti.
È invece fondamentale che il datore di lavoro, oltre a comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio «biologico» derivante dal coronavirus, proceda con il coinvolgimento del medico competente e degli RLS all’aggiornamento del Documento di Valutazione del Rischio (DVR)
È necessario creare maggiore partecipazione, fornire informazioni a partire dalla RSU e dagli RLS, per definire le azioni utili a prevenire e salvaguardare la salute e la sicurezza e gestire gli effetti negativi sui rapporti di lavoro nella situazione straordinaria.
Risulta indispensabile attenersi scrupolosamente alle indicazioni fornite dal Ministero della Salute e dalle istituzioni competenti per la prevenzione della diffusione del coronavirus, senza effettuare iniziative autonome che prevedano la raccolta di dati, anche relativi alla salute dei lavoratori, che non siano normativamente previste o disposte dagli organi competenti.
Per la FIOM CGIL di Asti è:
- fondamentale fare chiarezza sui comportamenti aziendali, in particolare nelle situazioni in cui un non ricorso agli strumenti normativi introdotti gravi sui lavoratori;
- necessario investire nel confronto tra direzione aziendale, RSU, RLS e istituzioni preposte, per favorire una gestione condivisa della situazione straordinaria, che sia utile a tutelare la salute e il lavoro di tutti.
Giuseppe Morabito
Funzionario Territoriale e RLST
FIOM CGIL Asti
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