CCNL metalmeccanici: una riflessione

CCNL METALMECCANICI “OLTRE L’EVIDENZA”
È giusto ricordare che il contratto appena scaduto è stato fortemente in bilico dal poter essere sottoscritto, in quanto nel 2016 l’idea di Federmeccanica era di mettere in discussione l’impianto contrattuale che noi conosciamo.
Si è giunti pertanto alla stipula del contratto fidandoci della controparte, accettando il fatto che, nella contrattazione di secondo livello, il potere di acquisto non riconosciuto a livello nazionale potesse essere restituito dalle imprese.
Purtroppo così non è stato, infatti, in Piemonte, i nuovi accordi di premi o accordi di secondo livello siglati sono stati incrementati solamente del 30%. Ne deriva che per la FIOM, nella piattaforma che abbiamo presentato, la parte salariale adeguata era una pregiudiziale per la stipula.
Un altro aspetto importante, frutto della tenacia messa in campo da parte di tutta la FIOM negli anni passati, è l’accordo fondamentale che ha prodotto il Testo Unico sulla Rappresentanza del 2014.
Ricordiamo che questo vincola l’approvazione della piattaforma e l’ipotesi di Accordo al voto certificato di tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori: questo rappresenta un grande risultato democratico.
La trattativa che si è svolta per il rinnovo contrattuale è avvenuta in piena pandemia, pertanto il rapporto di forza non è stato sicuramente favorevole, in quanto le nostre pratiche abituali, ovvero, manifestazioni, presidi, scioperi che comprendessero assembramenti sono state limitate, riducendo notevolmente le nostre capacità di “persuasione”. Inoltre, l’attenzione delle lavoratrici e dei lavoratori era focalizzata sulla crisi economica e pandemica.
Nonostante tutto ciò, sono stati salvati gli aumenti dei minimi salariali che Federmeccanica inizialmente aveva intenzione di far saltare, con l’intento di spostare nuovamente la parte salariale sulla contrattazione aziendale, quindi sono stati salvaguardati i due livelli contrattuali e non ci sono stati scambi.
Abbiamo portato a casa il principio che gli aumenti salariali vanno slegati al costo della vita e che, al massimo, i lavoratori si vedranno riconosciuti salari più alti se gli indici Ipca dei prossimi anni saranno più favorevoli.
Ricordiamoci che è dal 1993 che non viene riconosciuto un aumento maggiore rispetto al livello dell’inflazione.
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